Giovedì 17 maggio 2018

Parteciperà alla plenaria di chiusura di REbuild anche Mark Farmer, imprenditore con oltre 27 anni di esperienza nel settore immobiliare e dell'edilizia, conosciuto per il report, commissionatogli dal governo inglese, “Modernize or die”, ossia “Innovare o morire”. L’esperienza personale e una profonda analisi hanno permesso a Farmer di individuare un “fil rouge” che lega tutti i problemi del settore delle costruzioni: la resistenza al cambiamento. Come uscirne? Ecco una breve anticipazione del suo intervento.

A fine 2016, “Modernize or Die” ha scosso l’industria delle costruzioni nel Regno Unito. Perché hai scritto un rapporto con un titolo così drammatico?

Preparando questo report era ovvio dal mio punto di vista ci troviamo di fronte a questioni che non hanno precedenti per l’industria delle costruzioni del Regno Unito. Ci sono state molte discussioni sulle carenze sistemiche a lungo termine nel settore, ma non necessariamente sui nuovi rischi strutturali di deterioramento, in gran parte legati alle dimensioni, alla produttività e alle capacità future della forza lavoro. La decisione di utilizzare un titolo drammatico nel rapporto è stata assolutamente intenzionale: una sorta di sveglia per il settore, affinché decida se vuole continuare come ha sempre fatto o trovare un modo nuovo e migliore di fare business.

Come si sta muovendo l'industria delle costruzioni nel Regno Unito? Sta recuperando il divario di produttività?

Come previsto nella mia relazione, qualsiasi importante programma di cambiamento strategico nel settore delle costruzioni sarà come “far cambiar rotta ad un petroliera” e avrà un orizzonte temporale di 5-10 anni. Nei 18 mesi successivi alla pubblicazione del mio report, sono avvenuti cambiamenti di cui vedremo i risultati nel medio-lungo termine.  Il Governo inglese ha affrontato questioni quali la strategia industriale e la politica abitativa, che sosterranno la modernizzazione del settore. C'è stata anche una crescente consapevolezza da parte delle aziende più progressiste del settore privato che se non si adattano al cambiamento rischiano l’oblio finanziario. Il fallimento nel gennaio 2018 di Carillion, il secondo maggiore general contractor del Regno Unito, ha accelerato la discussione sul modo in cui i modelli operativi devono cambiare.

Stai seguendo questo processo in altri paesi (ad esempio la Nuova Zelanda): vedi una tendenza internazionale nel settore? Tutti i paesi affrontano gli stessi problemi? E le soluzioni sono le stesse in ogni paese?

A livello mondiale, secondo la mia indagine, il settore delle costruzioni ha alcuni problemi generici che si ripetono, sebbene in mercati diversi. Il più ovvio è legato alla mancata adozione della tecnologia e l’implementazione di un approccio manifatturiero nel suo modello base di produzione. Per la maggior parte dei paesi sviluppati, ne consegue un modello di business “analogico”, ad alta intensità di capitale umano, bassa produttività ed altamente ciclico che impedisce una strategia ed investimenti a lungo termine. I governi si stanno accorgendo che per avere un’economia sana ci vuole un settore dell’edilizia in salute; stanno perciò cercando di collegare meglio le politiche e i programmi di spesa più importanti con il miglioramento del settore delle costruzioni. Questo è ciò che sta accadendo nel Regno Unito, è avvenuto a Singapore e, recentemente, anche la Nuova Zelanda si sta muovendo in questa direzione.

L'Italia è il secondo paese europea per produzione manifatturiera con un know-how straordinario in settori strategici e un buon background in design e architettura. Quale potrebbe essere il ruolo dell'Italia in questo scenario internazionale?

L’Italia ha la possibilità di sfruttare l’eccellenza del settore manifatturiero anche nell’ambito delle costruzioni. Il design digitale deve legarsi ad una produzione industrializzata. L’Italia in questo è avvantaggiata perché esiste già una cultura della precisione nella progettazione. La sfida sarà nell’attuazione di un programma di cambiamento a livello di settore che includa nuovi modelli di appalti e che abbia anche il sostegno del Governo.

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