Giovedì 13 settembre 2018
L’obiettivo dell’Europa e dell’Italia di ridurre al minimo la produzione di rifiuti provenienti da attività di demolizione da confluire in discarica, ha portato inevitabilmente alla definizione di quella che viene chiamata “demolizione selettiva” (o “strip-out”). Demolire secondo tale metodo significa entrare in un’ottica circolare che ottimizzi la raccolta di qualità, aumentando il riciclo e il riutilizzo dei materiali. La demolizione, dunque, non è più considerata come fase finale del manufatto edilizio, ma come fase propedeutica per dare nuova vita ai suoi componenti e materiali. Fino ad oggi, infatti, la demolizione è stata esclusivamente concepita come attività che trasforma gli edifici in blocchi indifferenziati di macerie, dove si producono esclusivamente scarti da confluire in discarica o in misura minore scarti di bassa qualità, da avviare al recupero dopo un elaborato trattamento di selezione. Tale metodo con l’aumento costante dei costi di smaltimento definitivo dei rifiuti prodotti durante le attività edilizie deve essere rivisto e l’unico processo realizzabile, anche piuttosto facilmente, è quello della demolizione selettiva degli edifici. È una tecnica di decostruzione, che permette di separare i rifiuti in composti di natura omogenea, garantendo la possibilità di “controllarli” nel luogo di produzione in modo tale da ottenere un materiale esente da sostanze che alterino il processo stesso di recupero. Lo scopo è aumentare concretamente il livello di riciclabilità degli scarti generati nel cantiere di demolizione secondo un approccio che privilegia l’aspetto della qualità del materiale ottenibile. La demolizione selettiva prevede, tuttavia, una sostanziale riorganizzazione del lavoro vista la necessità di avere un’adeguata formazione del personale, che dovrà lavorare in maniera consapevole per l’ottenimento di frazioni omogenee di materiali e rifiuti prodotti; è piuttosto ovvio che tale processo di demolizione risulti essere più lento e più complesso di quello tradizionale con costi totali apparentemente superiori del 15% - 20% rispetto le demolizioni tradizionali ma, contemporaneamente, consente di avere una serie di vantaggi economico – ambientali, quali: il riutilizzo dei materiali di scarto, la diminuzione dei rifiuti da conferire a discarica, l’evidente risparmio di nuove materie prime e di energia necessaria a produrle, la riduzione dei costi di trasporto e l’ottenimento di materiali omogenei di maggior qualità. Viste tali considerazioni, appare quindi fondamentale un cambio di direzione nelle attività di demolizione passando da quella tradizionale (“lineare”) a quella selettiva (“circolare”).
Per ulteriori approfondimenti:
https://www.ecoopera.coop/it/recuperi-ambientali/strip-out/